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più differiscono i mezzi, la refrazione, come sapete, è
maggiore; e lo stesso pur avviene della riflessione. Os-
servate quanto più viva è la immagine di un oggetto ri-
percossa da uno specchio di vetro che dallo specchio
dell acqua. I raggi che hanno maggior disposizione ad
esser refratti, hanno la altresì maggiore ad esser riflessi.
A riflettere gli azzurri, che refran gono più facilmente
dei rossi, basta nelle particelle della materia una sotti-
gliezza che non è valente a riflettere i medesimi rossi; e i
raggi più refrangibili, come ben vi dee ricordare, sono
anche più riflessibili. Sono questi, Madama, bastanti ar-
gomenti, per farvi an che in questa parte divenir neuto-
niana? Molto riprese a dir la Marchesa è da ammi-
rare la sottigliezza e, insieme, la precisio ne di un tal
discorso. Pur nondimeno, a parlarvi liberamente, a me
sembrava assai più naturale attribuire la causa della ri-
flessione, non a quella forza repulsiva che dite ora, ma al
dare che fa la luce, secondo che pur diceste, nelle parti
solide de corpi, donde è ri mandata indietro, come una
palla che dà in terra. Ciò è pur facile ad intendersi, e na-
turale ad avvenire. Ed io ripresi in tal modo: Mada-
ma, io usai allora il linguaggio de filosofi volgari per con
discendere al nostro immaginare. Ma sapete voi quale
inconve niente dovrebbe nascere, essendo vero ciò che
par tanto naturale? E non ci sarebbe specchi al mondo,
non ci sarebbe cosa che ne potesse presentare la nostra
immagine. Oh questo sì, disse la Marchesa mezzo
sorridendo che ci tocca nel vivo. Perché possiate ve-
dervi io seguitai dentro allo specchio, conviene che i
raggi, come già avete inteso, i quali dal vostro volto van-
no a esso specchio, se ne ritornino a voi con la stessa
stessissima inclinazione con cui vi andarono, senza che
dalla riflessione sieno turbati per niente, o disordinati in
qualunque modo si sia. Ora, quando ciò avesse da avve-
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nire in virtù dei raggi riflessi dalle particelle compo nen-
ti la superficie dello specchio, sarebbe necessario, non è
dubbio, che la superficie tutta si fosse perfettamente li-
scia e pulita; altri menti, se vi ha delle asprezze, delle
ineguaglianze qua e là, che vale a dire se le parti della su-
perficie formano come altrettanti rialti, o piani varia-
mente inclinati, i raggi riflessi non potranno più diri ger-
si verso il medesimo luogo; ma, seguendo appunto la
inclina zione di ciascuno di que piccioli piani, verranno
sparpagliati da ogni parte, né potran rendere la immagi-
ne dell oggetto che loro si affaccia. E gli specchi dis-
se la Marchesa non sono eglino così puliti, come voi
dite che hanno da essere? No certamen te: io risposi
e con effetto se voi guardaste col microscopio le super-
ficie di quelli, le vedreste scabrose ed aspre, non altri-
menti che all occhio nudo è lo specchio delle acque,
quando sono increspate dal vento. Considerate ora da
per voi, Madama, con qual disordine sarebbe dagli stes-
si specchi riflesso il lume, quando venisse riflesso dalle
particelle della superficie, e non da una forza che muove
e risulta dal totale del corpo; e in paragone di questa le
piccioline forze di esse particelle, le quali, quanto è in
loro, pur vorrebbono gettare i raggi per ogni verso, si ri-
mangono affatto insensibili. Ma voi soggiunse la
Marchesa mi fate forse più paura che non merita il pe-
ricolo. Coteste scabrosità, benché ingrandite dal mi cro-
scopio, pur sono in sé picciolissime. E se son tali, come
si può egli venire in chiaro che nelle particelle della luce
debbano parto rire di così gran disordini? Le scabro-
sità degli specchi io ri pigliai ci si rendono quasi pal-
pabili per mezzo degli microscopi; ma non già le parti-
celle della luce: e da ciò si può arguire la incre dibile
loro picciolezza, che per quanto vengano ingrandite an-
ch es se da quegli ordigni, pure isfuggono la nostra vista,
e ci rimangono del tutto invisibili. Anzi tanto è lontano,
Madama, ch elle cader ne possano sotto i sensi, che fate
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pure di provvedervi del più valente microscopio e arma-
tevene l occhio, e i pori di cotesto vostro dia mante, pe
quali passa la luce in grandissima copia, vi rimarranno
anch essi invisibili. Che più? Le particelle della luce so-
no verso le scabrosità degli specchi come altrettante pal-
lottole di bigliardo, che dessero contro a cotesti nostri
altissimi monti. E buon per noi che sieno più che minu-
tissime. La forza de corpi risulta dalla quantità di mate-
ria che contengono in sé, o sia dalla massa e dalla velo-
cità con cui muovono; talché un granello di piombo può
aver forza di fare altrui un mal gioco per la velocità sol-
tanto, che gli dà la polvere d archibuso da cui è spinto.
Ora le particelle della luce sono spinte con tale incredi-
bile velocità, che l muover suo nessun volar pareggia.
Secondo la bella scoperta di un danese per nome Rome-
ro, in un mezzo quarto d ora, e non più, viene da esse
corso lo spazio di quasi cento milioni di miglia nel veni-
re dal sole alla terra. Vedete i più bravi corsieri d Inghil-
terra, che in un minuto hanno già fatto un miglio, essere
al paragone più tardi che testuggini. Poiché adunque ta-
le e tanta è la loro velocità, convien dire che la massa di
ciascuna sia quasi che infinitamente picciola: altrimenti
la luce scagliata dal sole menerebbe qui in terra la rovina
del cannone, anzi che drizzare e aprire i fioretti nel loro
stelo, anzi che svilup pare, come fa, e muovere soave-
mente ogni cosa.
Piacemi disse la Marchesa non avervi prestato fe-
de così di leggieri. Egli è pure la buona regola in qualun-
que sia incontro a non si mostrar troppo corrive a crede-
re. Si vengono ad avere in tal modo delle maggiori prove
di ciò che è vero, o di ciò che si desidera lo sia. Ed ora
molto buon grado debbo sapere a voi, che, rispondendo
alle tante mie domande, fate che il dubitare non meno mi
giovi che il sapere. Ed io risposi: Non ad altri che a
voi medesima ne dovete aver grado, Madama, che sapete
muover que dubbi, che conducono alla verità. La ve-
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rità è adunque disse la Marchesa, fatto un po di pausa
che la luce è rimandata da corpi, non già dopo avere in
essi percosso, ma prima ch ella giun ga a toccarne la su-
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